di Sergio Ciannella

La libertà di associazione, riconosciuta in tutti gli ordinamenti democratici come diritto fondamentale dei cittadini, non dovrebbe essere soggetta ad alcun limite, nemmeno a quello della segretezza che a ben vedere non è un vero problema, ma nasce dalla volontà di colpire la Massoneria.

E’ significativo che lo abbia posto per la prima volta il regime fascista quando, allo scopo di estinguere per legge il fermento massonico, pericoloso presidio di libertà, costruì la teoria della presunzione di illiceità di qualunque formazione sociale non palese. Mussolini, che non aveva fermato la violenza delle squadracce scatenata contro le logge, in vista della riforma aveva mandato un preciso messaggio al Parlamento, affermando in un suo discorso “Una delle forma più odiose e moralmente ripugnanti è la pretesa di sottrarsi al controllo degli altri”. Il 26 novembre 1925 fu quindi approvata, dopo accurata preparazione, la legge sulle associazioni che di fatto mise al bando la Massoneria, costringendola alla inattività per ben venti anni.

Ma perché mai in uno Stato liberale i cittadini che intendono costituire un’associazione dovrebbero offrirsi al controllo degli altri? Che fine farebbe il rispetto della riservatezza che trova tanta attenzione nell’attuale legislazione, anche a livello europeo?

La legge francese sulle associazioni del 1901 tuttora in vigore, che fa testo in materia per modernità e garantismo a favore di cittadini, ignora del tutto questo divieto inventato dal fascismo, anzi non prevede alcun divieto, si limita a disporre la nullità di quelle formazioni sociali che abbiano scopi illeciti.

Al contrario in Italia la Costituzione, in continuità con la legge del 1925, ribadisce all’art. 18 che sono proibite le associazioni segrete, pur astenendosi dal precisare quali si possano definire tali. Vi ha provveduto nel 1982 il legislatore ordinario che, sull’onda emotiva dello scandalo della loggia P2, si preoccupò di scrivere una legge che ha delineato i caratteri dell’associazione segreta.
La codificazione del sospetto che segretezza equivalga ad illecito, ha spinto taluno ad affermare che le associazioni massoniche sono segrete e dunque vietate dalla legge. E’ stato perciò necessario l’intervento della Cassazione a Sezioni Unite (sentenza n.557 del 30 gennaio 1985) per chiarire che la Massoneria non può considerarsi un’associazione segreta e che “Nell’ordinamento costituzionale la segretezza, di per sé, non costituisce un disvalore, ma anzi è garantita e tutelata con particolare riferimento a date manifestazioni dell’attività individuale (art. 15 Cost.)”.
In definitiva, uno strumento repressivo usato dal regime dittatoriale si ritrova paradossalmente nella legislazione repubblicana, sul presupposto erroneo che la segretezza sia di per sé una colpa, laddove nei sistemi democratici il malaffare dovrebbe essere contrastato non su base presuntiva, ma indagando, con i poteri di cui lo Stato dispone, se i cittadini –individualmente o in gruppo- pongano in essere condotte sanzionabili penalmente.

Purtroppo alcuni massoni, intimiditi dall’aggressività di chi tenta nuovamente di escludere la Massoneria dalla società civile in nome della trasparenza, si sforzano di convincere l’opinione pubblica, come per discolparsi, che non esiste segretezza nell’operare delle logge, ma semplice riservatezza.
Ma non si rendono conto che così finiscono per rinnegare la stessa essenza dell’esoterismo praticato dalla Massoneria e quindi la ragion d’essere della iniziazione massonica, che apre a segreti incomunicabili non per volontà di “sottrarsi al controllo degli altri”, ma per impossibilità di trasmettere nelle forme ordinarie suggestioni ed esperienze esclusive di ogni singolo adepto.

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